A questo punto è giunto il momento di dedicare due parole alla Granada vista a Madonna Di Campiglio. Questa macchina è una seconda serie, caratterizzata quindi dai dettagli estetici introdotti con un face-lifting nel 1981 (MY ’82) teso a svecchiarne alcuni elementi stilistici senza stravolgerne gli stilemi di base.
Si notano pertanto la mascherina, adesso di foggia più massiccia, formata da tre spesse barre (invece che dalle precedenti sette: la Ford fu la prima ad adottare le calandre a listelli a quel modo) nella stessa tinta della carrozzeria, la fanaleria posteriore dalla superficie “zigrinata”, dotata cioè di quelle nervature atte a mantenerla pulita, impedendo l’accumulo dello sporco o della neve, che gli appassionati spesso associano alla produzione Mercedes (e che, per inciso, trovarono la loro prima applicazione sulle Mercury e sulle Lincoln modello 1951: dunque, una primizia tutta interna alla Ford Motor Company). Si notano poi i paraurti più avvolgenti che giungono fino ai passaggi ruota, e l’ inspessimento del profilo cromato alla base dei finestrini laterali e della sezione inferiore della carrozzeria. Tutto qui. Dentro, come anticipato, si nota la rinfrescata a cruscotto e rivestimenti, e l’aumento della già notevole disponibilità di accessori, sia di serie che a richiesta. Questo restyling fu sufficiente ad aggiornare la macchina, anche se di lì a poco sarebbe giunto il momento della rivoluzione aerodinamica, rivoluzione inaugurata in Europa dall’arrivo della nuova Audi 100 e, rimanendo in casa Ford, dalla già citata Sierra. Anche in America la Casa di Dearborn fu capofila di questo movimento rivoluzionario, e la cosa fu evidente non appena una rinnovata Ford Thunderbird arrivò nelle concessionarie nell’autunno del 1982: queste vetture, vere e proprie iniziatrici di un nuovo modo di disegnare l’auto di serie, pur lasciando inizialmente perplessi molti clienti tradizionalisti, finirono con il rendere obsolete e demodé le auto della generazione precedente, con le loro linee squadrate e spigolose dalle superfici tese e lineari, e che avevano nella Granada una vera propria portabandiera.
Alla luce di ciò, si intuisce che le cose stavano dunque realmente cambiando, e non solo per una questione di design, ma anche di gusti e di appagamento personale: chi desiderava una vera top di gamma, infatti, optava sempre più spesso per una Mercedes, una BMW, un’Audi o una Volvo, vuoi perché percepite come auto più prestigiose o alla moda, vuoi perché ben dotate (sia in termini di tecnologia, sia in termini di immagine), vuoi perché una robusta crescita economica consentì agli esponenti del “vorrei ma non so se posso” di potersi finalmente permettere auto prodotte da marchi di reale prestigio, piuttosto che auto di prestigio ma dal marchio popolare: questo spiega la profusione di Mercedes 190 che, specie da noi, si vedevano ad ogni crocevia, e la relativa rarità delle Granada, che pur essendo regolarmente importate, non potevano considerarsi come i prodotti di punta dell’Ovale Blu in Italia. Va comunque detto che, a differenza delle Consul/Granada MK I, praticamente assenti, le ammiraglie di Colonia prodotte a cavallo degli anni ’70 ed ’80 ebbero anche da noi un loro nocciolo duro di estimatori, dato che andavano incontro ai desideri di chi voleva un’auto comoda, affidabile, accogliente, parsimoniosa il giusto (specie riguardo la manutenzione e la necessità di ricorrere alle officine), di ampie dimensioni e che conferisse prestigio senza voli pindarici: la sua stessa estetica, come visto, attirava chi non voleva dare troppo nell’occhio ma riteneva comunque imprescindibile ed irrinunciabile il guidare un top di gamma. Si può peraltro dire che fu proprio questo understatement, poco adatto al radicale mutamento sociale avvenuto negli edonistici anni Ottanta e durato almeno dieci anni, che ha fatto sparire dai radar queste automobili, di sostanza più che di apparenza.
Al riguardo, la Granada vista a Granada vista a Madonna Di Campiglio è emblematica, dato che è di proprietà di un appassionato che alle sue auto ha sempre chiesto qualità di sostanza e non di facciata, il signor Roldano Valsecchi da Caronno Pertusella: furono proprio la affidabilità meccanica e robustezza granitica, il gran comfort e le doti stradali di primo ordine, oltre all’eccellente abitabilità e alle ottime finiture, a convincerlo ad acquistarla.
Conversando con il signor Valsecchi, è stato possibile apprendere qualche informazione in più su questa specifica vettura: al riguardo, la macchina non è mai stata sottoposta a restauri di alcun genere, anzi; se è vero che il cofano motore e qualche altro dettaglio di carrozzeria tradiscono alcuni segni di affaticamento (tradotto: qualche bottarella, qualche modesto segno di ruggine e lievi zone sverniciate, come si vede in alcune foto), è anche vero che per essere un’auto con ben più di trent’anni di vita mantiene una forma invidiabile. Costruita nel 1984, questa Granada è una 2.0 Ghia, cioè l’allestimento top abbinato alla motorizzazione a benzina più diffusa in Italia, dato che per le ovvie ragioni legate all’IVA sensibilmente maggiorata le più potenti 2.8 erano assai inconsuete. Il signor Valsecchi l’ha acquistata nel novembre del 1993 (quarto proprietario), e di essa dice che: ”… è un’auto che non stanca, non si scompone, da la sensazione di essere appoggiata alla strada, anche perché la macchina ha cofano piatto e parabrezza inclinato e viene in qualche modo “schiacciata” sulla strada, rimanendo stabile senza scossoni o dondolii. Tiene perfettamente la strada senza bisogno di cruise control, tanta è la facilità nel mantenere la velocità di crociera desiderata, cosa facilitata dal pedale dell’acceleratore a filo che rimane più duro ed è sensibile il giusto. Ormai i chilometri non si contano più … Dopo l’acquisto, fu sostituita la guarnizione della testa e le fasce elastiche, a cui vanno aggiunte la manutenzione ordinaria e la sostituzione della frizione, dei freni e dei cuscinetti delle ruote.”
Insomma, un quadro assai positivo: gli interventi tecnici cui è stata sottoposta rientrano nell’ottica di quella che può essere definita come normale usura della meccanica, e per un’auto di 34 anni di vita è tutto sommato confortante constatare che si sono resi necessari solo interventi abbastanza logici e scontati per auto dell’epoca. Niente incubi relativi all’impianto elettrico, niente sostituzioni di motore o trasmissione, niente inconvenienti a livello di robustezza della scocca, niente problemi relativi all’usura precoce degli interni (e questo lo si nota osservando la foto che li ritrae, ancora oggi, in forma quasi smagliante). Viene quasi da pensare, addirittura, che se la macchina fosse stata sin dall’inizio di proprietà del signor Valsecchi, i citati interventi al motore e ai particolari della trasmissione non sarebbero stati necessari: questi hanno infatti più la sensazione di essere stati causati da un fin troppo entusiastico modo di guidare da parte di uno dei precedenti proprietari che non da vere e proprie manchevolezze tecniche del progetto Granada. Liberamente tradotto, ciò significa che per queste vetture quel che serve è proprio un tipo di guidatore quale il signore Roldano, attento conoscitore della macchina e pronto ad assecondarne le doti, senza pretendere eccessi sportivi e plateali dimostrazioni di forza: è anche in virtù di questo expertise da parte del suo attuale proprietario se questa splendida automobile è ancora oggi fra noi, pronta più che mai a rappresentare un modello che può giustamente essere considerato simbolo di un’epoca, un’epoca in cui anche i marchi generalisti si concedevano il … lusso di realizzare auto di lusso, e questo senza scandalizzare nessuno: anzi, sotto una certa ottica, proprio queste austere ma eleganti esponenti dell’understatement erano il più desiderabile punto di arrivo per molti utenti, finalmente contenti di poter avere un’ammiraglia pur senza tradire il marchio a cui si sono sempre affidati, e senza debordare nella mera ostentazione.
Sarà ancora possibile immaginare un futuro in cui auto di prestigio, pienamente appaganti, saranno ancora disponibili nell’ambito di marchi cosidetti “popolari”? Il futuro, da questo punto di vista, non sembra essere granché positivo: per convincersi però della validità di questa filosofia costruttiva, niente di meglio di poter osservare una Ford Granada, specie se è una Granada Mk II come quella del signor Valsecchi, al quale va tutto il nostro caloroso ringraziamento per averla preservata e per consentirci di rivivere, anche solo avvicinandola, emozioni ormai dimenticate, emozioni di quando ci si stupiva che anche marchi umili e diffusi come Ford fossero in grado di offrire auto di gran classe come questa, facendoci così pensare, e con molta più speranza che non osservando una Mercedes o una BMW, che anche il comune utente della strada un giorno sarebbe finalmente stato in grado di compiere il passaggio finale verso una di queste, magari “dando dentro” una Fiesta, una Escort o una Taunus e completare così il proprio percorso di automobilista restando all’interno del marchio, dimostrando fedeltà e nutrendo fiducia in esso.
E, dulcis in fundo, non dimentichiamoci che questa macchina stimola emozioni di peso anche per chi , come noi, era ancora un bambino molto distante dall’età della patente: emozioni che si provavano quando si guardava alla televisione quell’altro immortale telefilm inglese, i Professional, dove alle Escort e Capri di Doyle e Bodie va aggiunta anche la macchina del loro capo, Cowley: si, proprio una Granada MK II, e per giunta dotata di radiotelefono! Si può immaginare qualcosa di più cool di questo ?
Scusami tanto visto che sei un appassionato ford ti chiedo se puoi aiutarmi io cerco dei calmierati per restaurare un ford transit anni 70 non mi sai indicare dove trovarli anche all' estero mi chiamo Pedroni grazie tanto