Una gita fino a Madonna Di Campiglio a fine gennaio è sempre un’esperienza gratificante, a maggior ragione se si è appassionati di auto d’epoca: è infatti in tale periodo che, da trent’anni a questa parte, si disputa quella che è forse la regina delle gare invernali di regolarità per auto d’epoca, la Winter Marathon.
Questa gara, proprio perché si svolge in un periodo dell’anno così inusuale per questo tipo di eventi, ha visto negli anni accrescere la propria fama, anche al di fuori dei confini nazionali, e proprio grazie alla sua capacità di offrire un sapiente mix di auto di alta classe, emozioni sportive e scenari incantevoli, calamita l’attenzione degli appassionati e richiama una nutrita schiera di spettatori.
Questi confluiscono numerosi ogni anno a Madonna Di Campiglio, fulcro nevralgico della manifestazione, dove è possibile assistere ai preparativi della vigilia, alle partenze e agli arrivi di tappa e, soprattutto, alla ormai leggendaria sfida fra i migliori sul laghetto ghiacciato che, di solito, è riservato al pattinaggio (in estate, ai pescatori amanti di una buona trota alla griglia). Non deve quindi meravigliare se già a partire dal giovedì pomeriggio chi si fosse trovato ospite di questa gemma delle Dolomiti abbia potuto apprezzare numerosi gioielli a quattro ruote, alcuni dei quali davvero notevoli per rarità, prestigio ed anzianità. Tuttavia, non siamo qui per parlare delle vetture che hanno avuto modo di partecipare alla Marathon: se è vero che questa gara è sempre uno spettacolo per gli occhi, è anche vero che le particolari condizioni climatiche e le ormai consolidate regole che caratterizzano il mondo della regolarità fanno si che anche nel 2018 ci sia stato, pur in presenza di una buona selezione di alcuni modelli anteguerra, un evidente predominio numerico di Porsche e una nutrita partecipazione di sportive di epoche più recenti, a scapito però di auto dalle connotazioni più umili o tranquille. Anche se vanno segnalate l’inaspettata presenza di una Mercedes 300 SL (si, proprio una Ali Di Gabbiano…), e la gradita partecipazione di una 600 Multipla, di una Simca 1000 Coupé e di una Ford Cortina GT, la gara non ha riservato sorprese eclatanti.
Tuttavia, come detto, numerosi sono stati anche quest’anno gli spettatori giunti ad assistere alla competizione: alcuni fra di loro si sono rivelati essere più appassionati della media, dato che non hanno avuto problemi nel giungere a Campiglio, in pieno inverno, con la loro veterana, e poi parcheggiarla tranquillamente fra le auto moderne, per poter andare da spettatori ad assistere alla gara vera e propria. Immaginate quindi la sorpresa quando, nel pomeriggio del giovedì, in Piazza Brenta Alta, cioè il luogo deputato ai controlli tecnici delle vetture partecipanti, un’inaspettata Ford di metà anni Ottanta si è aggraziatamente posizionata, senza dare troppo nell’occhio, senza sforzi e senza errori, nell’unico spazio libero di quel poco di parcheggio disponibile per le auto del pubblico, a poca distanza dal luogo destinato dagli organizzatori ad essere la sede delle verifiche tecniche delle auto partecipanti.
D’altronde, la vettura in questione è una campionessa di discrezione, sobria ed austera al punto giusto, come del resto lo era a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, quando fu in grado di crearsi un notevole seguito, specie in Germania e Gran Bretagna: nondimeno, anche in mezzo alla massa eterogenea di SUV, station o compatte alla moda parcheggiate sulle strade di Campiglio, le forme squadrate, semplici e lineari di questa berlina hanno costituito una piacevole digressione dalla norma, una salutare boccata di aria fresca, o quantomeno genuina.
La macchina in questione, insomma, è una elegante signora, che dimostra di portare con classe e nonchalance i suoi trentacinque anni: era una Ford Granada, l’ammiraglia europea dell’Ovale Blu, dalla linea simile alla Taunus. La Granada, o meglio, nello specifico la Granada MkII, cioè la seconda serie prodotta dal 1977 al 1985, è stata una macchina dall’indubbio successo e dalle molteplici doti, che però in Italia, commercialmente parlando, non ha ottenuto le stesse notevoli soddisfazioni che le hanno tributato altri mercati, per via di un paio di peculiarità: era stata progettata per svolgere bene il ruolo di ammiraglia solo se dotata di motori dalla cilindrata troppo grossa per essere ben accetti dall’utenza italiana, e soffriva, in parte, di una crisi d’identità che la faceva somigliare fin troppo alla sorella minore Taunus.
A ben vedere, neppure questi possono essere definiti come difetti. In primo luogo, all’epoca l’utenza tipo di queste auto all’estero dava quasi sempre il proprio favore a motorizzazioni fra i due e i tre litri, cosa problematica da noi a causa di IVA e fisco “pesanti”: auto progettate per andare bene proprio con propulsori di quel genere facevano un poco fatica ad esprimere al meglio le proprie doti se dotate di motori più in linea con le necessità italiche, cioè più piccoli. In secondo luogo, dati i tempi, i problematici anni Settanta, proporre un’ammiraglia dalle linee sobrie e discrete, che non tradissero eccessivamente la consistenza del portafogli del proprietario, era una consuetudine che sulla carta sembrava funzionare bene per quasi tutte le marche. Certo, i gusti e le aspettative mutarono nel corso degli anni Ottanta, facendo sì che un’auto sobria e quasi anonima come la Granada potesse alla fine soffrire della somiglianza con la sorella minore: esibire l’auto come uno status symbol era infatti tornato ad essere auspicabile, dopo l’austerity estetica del decennio precedente, e auto che facevano dell’understatement una regola di vita caddero un po’ nell’oblio. In ogni caso, all’inizio, il fatto che una Granada passasse per una Taunus fu più apprezzato che criticato. D’altronde, le sue linee si rifacevano alle ultimissime tendenze stilistiche della Ford europea, tendenze che, inaugurate proprio con le Taunus e Cortina edizione 1976 e fatte proprie anche dalla Fiesta, trovarono compiutezza estetica nella Granada Mk II, che divenne una delle macchine di categoria medio-alta più equilibrate dell’epoca, libera da barocchismi e stucchevoli appendici estetiche d’ispirazione americana (anche se sulle versioni più lussuose rimaneva la disponibilità del tetto in vinile …).