Fiat 128, storia di un piccolo grande capolavoro
Viene tutt’oggi vista come l’auto della famiglia. I 48 anni che separano la Fiat 128 dal suo debutto, avvenuto nel 1969, non sono serviti a cancellare quell’appeal da “auto del papà” che ne travolsero da subito l’immagine.
In effetti nasceva in sostituzione della obsoleta Fiat 1100 (oramai arrivata al capolinea del suo sviluppo) che era stata concepita per portare la famiglia “fuori porta”.
Seppur l’immagine che ne abbiamo oggi sia relegata a quella di un’automobile semplice ed economica, la storia della 128 porta con sé i frutti di un importante studio di innovazione meccanica che decretò la longevità del modello. Si pensi alla trazione anteriore che inizò la sua diffusione proprio con questo modello, ai vantaggi che questa portò in termini di abitabilità interna e riduzione di masse con conseguente risparmio del peso complessivo, quindi di consumi.
Il vano motore, oltre a contenere un propulsore trasversale di scarso ingombro, ospitava anche la ruota di scorta. Così in caso di foratura il papà non doveva svuotare la bauliera piena di valige e sogni per la vacanza estiva.
Anteriormente, il sistema meccanico McPherson prevedeva l’utilizzo della barra stabilizzatrice come braccetto di spinta, semplificando ancora di più il disegno della sospensione. Nel retrotreno lo schema di sospensione era lo stesso utilizzato anteriormente per i modelli Fiat 500, 600 ed 850 (balestra longitudinale): il progetto era quindi tanto innovativo quanto economico.
La 128 non solo fu foriera di innovazioni sul piano meccanico: dettò legge anche nella dotazione di accessori del tutto inediti, come la funzione intermittente del tergicristallo, inventata poco prima negli Stati Uniti in casa Ford (seppur non sia ben chiaro a tutt’oggi chi è che detiene la paternità del brevetto). In Lancia e Alfa Romeo quell’accessorio arrivò anni a seguire.
Quando è nata la Fiat 128: riferimento per la Golf
A livello strutturale il modello Fiat dette avvio all’utilizzo di parabrezza e lunotto incollati con la presenza di cornici cromate di rivestimento esterno. D’altro canto il metallo era il materiale che “arredava” gli anni ’70, dall’abbigliamento alla mobilia: non poteva certo mancare nelle rifiniture esterne delle auto.
La qualità più importante del modello rimaneva l’unione tra semplicità ed affidabilità. In Germania, Volkswagen prese come riferimento proprio la 128 per indicare i parametri di affidabilità che dovevano caratterizzare il suo novo modello in arrivo: la Golf.
Semplicità e funzionalità quindi, come la linea che proponeva soluzioni stilistiche volte alla razionalità e al massimo sfruttamento dei volumi. Forme sobrie e precise con una linea di cinta perfettamente orizzontale che univa il cofano motore a quello posteriore, posti a loro volta ad una medesima altezza. D’altro canto la linea della 128 esprimeva in tutto il carattere dell’auto, rassicurante e lontano da ogni declinazione sportiva attraverso una netta separazioni dei 3 volumi. Una linea così semplice che poteva essere replicata dalla matita di un bambino. La 128 era l’auto disegnata dai bambini.
L’attenzione ai costi di produzione si poteva apprezzare, oltre che dalla semplicità degli interni, anche da certi particolari esterni, come i proiettori anteriori rigorosamente circolari, rigorosamente economici. Alfa Romeo, tre anni più tardi, azzardò una scelta stilistica più evoluta ma dai costi superiori proponendo fari a forma quadriangolare stindata con Alfasud. Se il faro della retromarcia era ancora concepito come un lusso più che come una necessità, con la 128 iniziava a prendere importanza la dimensione del fanale posteriore che, rispetto al modello che andava a sostituire, la fiat 1100 R, risultava essere di notevoli dimensioni e caratterizzato da una cupola interna bianca in grado di massimizzarne il rendimento luminoso.
Sicurezza attiva e passiva, con il cruscotto rivestito di materiale “morbido” rispetto a quello di lamiera dei modelli che andava a sostituire. Sempre internamente non si poteva evitare di introdurre, nella produzione di serie, un accessorio importantissimo, quasi assente nelle auto moderne di oggi: il posacenere. Che era posto nella posizione più comoda e raggiungibile dagli occupanti. Anche nei sedili posteriori.
1976, arriva la 128 terza serie
Come tutte le auto che son giunte alle soglie degli anni 80 anche la 128 subì, con il restyling del 1976, ritocchi stilistici dove i paraurti di lamiera lasciarono spazio a quelli in plastica, così come la plancia subì modifiche poco riuscite in tema di gusto e razionalità. La “nuova 128” era dunque lontana dall’accoglienza che era stata riservata all’antenata; lontana dalla “pulizia” delle linee seppur la carrozzeria non avesse subito modifiche in termini di lamierati.
I numeri degli esemplari prodotti della seconda serie in effetti confermavano un ribasso nel trend delle vendite, portando Fiat a dover progettare un modello sostitutivo in breve tempo. È così che fu prodotta Ritmo reinventando la forma esterna e conservando al contempo gran parte della meccanica e del gruppo motore.
Il titolo di “auto dell’anno 1970” fece subito pensare al successo che avrebbe avuto la 128, declinata in differenti modelli in tutto il mondo: se per l’est Europa fu commercializzata sotto il marchio Zastava restando in produzione fino al 2001 (per poi cambiare nome sino al 2008!!!), in Spagna, esordì sotto il marchio Seat e venne prodotta anche con propulsore di 1438cc. In Egitto nacque sotto il nome di Nasar 128 rimanendo in produzione fino al 2009 mentre in Argentina, sotto differenti motorizzazioni, rimase in catena di montaggio fino al 1990.
I 3.000.0000 di esemplari venduti in Italia si affiancarono al milione circa venduto nella ex-Jugoslavia e ai 255.000 in Argentina.
128 “Coupé” era destinata a soddisfare la clientela dei giovani e rappresentò in casa Fiat un esercizio di stile importante e rischioso andando a sperimentare una linea del tutto innovativa in un’epoca di livree rettilinee e discrete. Il successo non mancò. La sportività espressa dalla 128 “Rally” fu molto più contenuta sia nelle vendite che nelle performance: i suoi 1300cc erogavano solo 67 CV (che diventavano 60 per la berlina “special”) a fronte dei 74 della Coupé. Le tre porte e la presenza del contagiri, oltre che ad un frontale leggermente più aggressivo non riuscirono ad imporre la “Rally” al pubblico giovane, così come la versione “familiare” a tre porte per chi doveva utilizzarla per lavoro.
Posseggo una Fiat 128 berlina 4 porte del 1973 (cosiddetta 2a serie) da 2 anni e ne sono completamente soddisfatto. Guidarla è sempre un’emozione, non solo perché mi ricorda la giovinezza e le prime volte al volante (anche se su una Opel Kadett), ma soprattutto per la particolare sensazione di guidare veramente un’auto con tutte le sue difficoltà (freni che sembrano non frenare, assenza di servosterzo, ecc.), ma l’ebbrezza di affrontare le curve, di scale rapidamente le marce, ecc. Quasi ogni settimana non posso fare a meno di guidarla e andare in giro a scoprire posti che ancora non conosco nella provincia in cui risiedo. E’ fantastico. Ne sono letteralmente innamorato!!!