Better Place, il perché di un fallimento
Better Place è stata una startup tra le più promettenti, che però è svanita nel nulla e ha bruciato anche una montagna di dollari. La società, creata in Israele da Shai Agassi, aveva un obiettivo molto amibzioso, che nell’idea di base, avrebbe potuto cambiare la mobilità mondiale. L’innovazione di Better Place era tanto semplice quanto innovativa: bisognava creare una rete di stazioni di rifonrimento per auto elettriche, sostituendo le batterie. Una sosta di pochi minuti, invece di ore di ricarica (o di almeno mezz’ora per quella veloce, per riempire la batteria all’80%).
JOINT VENTURE CON RENAULT. La società ha firmato un accordo con Renault per sviluppare la sua rete in Israele e in Danimarca, utilizzando come auto la Fluence E.V., berlina elettrica prodotta dalla Casa francese. A fronte di progetti molto ambiziosi, però, le auto vendute sono state poco più di 1.000. Un fatto che, insieme ai costi altissimi di progettazione e sviluppo della rete di distributori Better Place, ha portato a bruciare circa 850 milioni di dollari. Risultati che hanno spinto gli investitori a chiudere i rubinetti all’azienda, che a maggio del 2013 è andata in liquidazione chiudendo i battenti. E c’è chi, tra gli investitori americani, ha accusato il governo americano di non aver saputo gestire la crisi.
UN’IPOTESI PER LA MOBILITÀ DEL FUTURO. Peccato, perché l’idea di poter ricaricare l’auto elettrica in pochi secondi, sostituendo la batteria, poteva essere vincente.
Probabilmente, in un futuro, quando le ecocar saranno una percentuale importante nel parco auto europeo, l’idea potrebbe essere rispolverata e dare il via a una mobilità completamente elettrica. Con una rete capillare, infatti, l’auto elettrica potrebbe diventare vantaggiosa, e un rifornimento durerebbe meno di quello per fare il pieno di benzina.